Supermercato

Il Supermercato stava per chiudere. Lo capì dalla luce flebile del crepuscolo che attraversava i vetri sporchi della porta finestra. Ormai il sole era calato ma un riverbero rossastro illuminava la rete rugginosa che delimitava il balcone.
Gli piaceva quell’ora, si sentiva più leggero e meno solo, sospeso per un attimo insieme a tutto il resto, nella quiete più totale.
Tornò in cucina, aprì il cassetto del tavolino, dentro c’erano alcuni oggetti appartenuti a suo padre: due vecchie pipe di radica, dei grossi elastici verdi, una scatola di sigari e una poltiglia di polvere e tabacco sparsa sul fondo. Gli piaceva quell’odore acre e nostalgico, gli ricordava quello di suo padre.
Non riusciva ad odiarlo, nemmeno ad avercela con lui, anche se l’aveva lasciato solo, senza un soldo, senza la speranza di laurearsi, di avere un giorno una grigia vita da occupare in qualche Ministero.
In fondo era stato per amore se era fuggito per sparire nel nulla con la più bella cassiera che si fosse mai vista in un Supermercato.
Già, il Supermercato. Il suo stomaco cominciava a farsi sentire, aveva fame. Si sdraiò per terra e appoggiò l’orecchio allenato sul gelido pavimento di marmo. Non si sentiva nessun rumore, i dipendenti erano usciti tutti, ormai aveva campo libero. Scese in fretta giù per le scale che conducevano alle cantine e si insinuò nel tunnel che suo padre aveva scavato per raggiungere la sua amante. Il luogo degli incontri del loro amore clandestino era diventato per lui la via per la salvezza da una sicura morte per fame o da una vita da barbone in una stazione di un’anonima città.

Attraversò lo stretto e angusto tunnel con disinvoltura, lo aveva fatto molte volte e aveva acquisito l’agilità del caso.
Oramai conosceva molto bene gli orari della ronda delle guardie giurate e sapeva di avere un’ora per poter prendere l’occorrente della cena di oggi. Un’eternità per chi come lui conosceva a memoria questo supermercato.
Notò subito una cosa che non aveva mai visto prima: un negozio di vestiti. Si ricordò del cartellone che vide l’ultima volta, con scritto: “Prossima apertura fashion donna!” e riuscì a collegare il tutto.
Incuriosito entrò dentro il negozio. Mancavano ancora cinquanta minuti al passaggio della ronda e quindi aveva tutto il tempo che voleva per scoprire questo nuovo angolo del suo micromondo.
Così, in mezzo a jeans ultimi modelli e a canottiere che lasciavano poco all’immaginazione, vide lei: bellissima, bionda, pelle candida, occhi chiari e fisico perfetto. Rimase a contemplarla per alcuni minuti, era a bocca aperta, non poteva pensare di aver trovato il suo angelo in questo supermercato. Al primo sguardo fu subito amore, se lo sentiva, lo sapeva. Tutto questo lo rendeva felice.
Non riusciva a muoversi, incantato com’era dalla bellezza di questo angelo biondo, ma il tempo stava scorrendo e di lì a pochi minuti sarebbe passata la ronda. Allora prese la decisione! Tornò nel supermercato a prendere al volo degli snack, rigorosamente per due, si avventò verso il manichino (perché quello che ai suoi occhi sembrava un angelo era solo un semplice manichino) e assieme a lei si incuneò nella stretta fessura con molta più fatica di come l’aveva attraversata durante il viaggio di andata.

Entrò in casa affannato e felice, lanciò gli snack sul tavolo di cucina, rallentò il passo mano a mano che il cuore accelerava i battiti. Spalancò la porta della camera spingendola con un piede.
La teneva in braccio come una sposa, la adagiò sul letto, non più il disperato giaciglio a una piazza e mezzo, ma un immenso lettone appoggiato alla parete che si era fatta di vetro per far entrare la notte. La finestra si era socchiusa, entravano profumi eccitanti e vitali.
Si distese accanto a lei e mentre la accarezzava con lo sguardo imparò l’Amore.
Tremò di passione, il corpo percorso da brividi caldi, gli occhi lucidi, riusciva a stento a controllare il battito del suo cuore e a respirare. Con un gesto lentissimo le sfiorò con la punta delle dita il viso, poi la nuca, dove trovò una fessura. La riconobbe, era la stessa dei carrelli per la spesa, la percorse, seguì il filo che pendeva fino a tastare un gettone. Guidato dall’istinto, lo inserì delicatamente dentro la fessura. L’angelo biondo si animò e ansimando gli si fece ancora più vicino, fino a sfiorarlo con la pelle calda e morbida. Sopraffatto dal piacere di quella sensazione sconosciuta e devastante la baciò sulla bocca. Le loro labbra premevano le une sulle altre e poi si staccavano lentamente fino a sfiorarsi soltanto.
I loro corpi abbracciati ondeggiavano come i flutti che lambiscono la terra e ne restano travolti, mentre il mare fu percorso da una tempesta con onde altissime mai vista prima di quella notte e il vento soffiò più forte spingendo le tende che volteggiarono danzando.
Diventarono un solo essere e tutte le cellule dei loro corpi cominciarono a chiamarsi l’un l’altra per nome.
Durò un tempo senza tempo, poi restarono immobili, l’uno tra le braccia dell’altro.

Tommaso Delinghi era il responsabile della sicurezza del supermercato, stava seduto nel suo ufficio con un viso preoccupato. Dal giro mattutino le commesse del negozio Fashion donna lo avevano informato della mancanza di un manichino. Da quando si occupava della sicurezza di quel supermercato, non era sparito mai niente e questo lo turbava. Non gli importava che per la responsabile del negozio quello fosse un ammanco di poco conto, nel suo supermercato questo non doveva accadere.
Era sempre inflessibile verso il taccheggio e ogni volta che beccava una persona a sgraffignare nel suo supermercato gli faceva passare i guai, chiamando sempre le forze dell’ordine. Ogni extracomunitario che entrava era sorvegliato a vista da lui, tramite l’ingente numero di telecamere che aveva fatto installare, rinunciando anche ad una parte del suo stipendio. Nessuno sfuggiva al suo occhio.
Passò buona parte della mattina ad interrogare le guardie giurate assegnate al controllo notturno, ma loro non avevano visto nulla. Li congedò con disprezzo, convinto com’era che queste persone non avessero fatto il loro dovere. Si rammaricò che le telecamere all’interno del supermercato non prevedevano una registrazione notturna, aveva espressamente chiesto le telecamere con registrazione, ma dalla sede centrale fecero finta di non capire.
Si recò per l’ennesima volta sul luogo del reato in cerca di prove, ma le uniche cose che trovò erano delle splendide magliette a metà prezzo. "No nel mio negozio", continuava a ripetere tra se e se.
Finita l’ennesima ispezione uscì dal supermercato, si accese una sigaretta e mentre fumava ripeteva tra se e se: "tanto ti prendo". Ad un tratto alzò lo sguardo verso il palazzo adiacente al supermercato e fu allora che vide una ciocca di capelli biondi che sbucava da una finestra dell’ultimo piano. Riconobbe subito i capelli: erano quelli del manichino mancante. Buttò la sigaretta e si recò di corsa nel suo ufficio ad escogitare il modo per entrare in quell’appartamento, senza creare imbarazzi alla direzione del supermercato.

Si svegliò e in un lasso di tempo indefinito, forse nell’attimo stesso in cui la vide, forse in un condensato di anni, nella finitezza di quell’abbraccio infinito, sentì la morte nel cuore ora che i suoi polpastrelli la percepivano di plastica mentre i suoi sensi ricordavano con un crampo allo stomaco la donna che aveva amato per una notte, una notte lunga una vita.
La morte nel cuore. Continuava a stringerla tra le braccia, forte forte, avvolgendola, aggrappandosi a lei. -Che ne sapevo io di cos'era veramente la sofferenza?! Pensavo al fatto che non aver soldi per comperarsi pasta e riso potesse essere la sofferenza, ma in realtà quanti abissi esistono sotto questo? Credevo di trovarmi sul fondo di un baratro e m'accorgo che sotto i miei piedi se ne sta aprendo un altro che sono convinto di non riuscire a sopportare Ho perso tutto sì, non è solo un'impressione, il peggio è arrivato.
“Ha senso alimentare il dolore?- continuava a chiedersi - io qui non sto facendo che questo. Non ne posso più, comincio seriamente a non saper gestire tutto ciò - ormai mi soverchia. È come se avessi un coltello infilzato in pancia ed un mantello bagnato addosso. Ero senza lavoro e ogni barlume di prospettiva sembrava, di giorno in giorno, venir meno. Ma ora ho perso l’unica ragione di vita.”
Senza perdere il contatto fisicocon il suo angelo biondo, si spostò verso l’altra sponda del desolato lettino a una piazza e mezzo e la prese in braccio con tutta la delicatezza che l’amore gli aveva insegnato.
La portò vicino alla finestra, da dove entrava la luce di un giorno che sembrava notte. La nebbia come un lago li isolava dal resto del mondo. In quella luce albina la guardò, estasiato dalla sua bellezza, le accarezzò con una speranza inconsolabile i capelli, mentre cercava la fessura. Le sue carezze si fecero spasmodiche, ma la nuca era liscia e compatta. Prese i capelli, li scaraventò sul davanzale della finestra. La loro ombra proiettò nella stanza una ka'ba di luce.
Con lentezza la distese sul pavimento, si mise a giacere sopra di lei, la strinse ancora tra le braccia e chiuse gli occhi. Intanto i suoi pensieri si allontanavano leggeri, volavano lontano lasciandogli solo la sensazione eccitante di esserle vicino, sempre più vicino, di penetrare nel suo mondo.

Francesca era una cassiera del supermercato, bionda, alta 1,70 e con due splendidi occhi nocciola. Quel giorno fece tardi al lavoro, doveva accompagnare la bambina all’asilo e le mattine, quando la figlia, anch’essa bionda come la madre, faceva capricci Francesca arrivava sempre tardi al lavoro. Il direttore conosceva la situazione e, spesso e volentieri, chiudeva un occhio, anche perché Francesca era un’ottima cassiera e spesso si tratteneva al lavoro anche più del dovuto.
Quella mattina, dato il suo ritardo non seppe subito della scomparsa del manichino, c’erano clienti da servire e lei non poteva perdere tempo in chiacchiere, ma più tardi, durante una pausa, fumando una sigaretta assieme alle colleghe seppe del fatto. Erano tutte divertite dall’atteggiamento investigatore di Dalinghi, ma Francesca era stranamente seriosa.
Seriosa, perché lei sapeva dell’uomo che ogni notte si procurava del cibo nel supermercato, l’aveva visto una volta che fece molto tardi al lavoro, seriosa perché aveva forti sospetti su di lui, seriosa perché non aveva la più pallida idea di cosa se ne facesse quell’uomo di un manichino.
Fu allora che vide davanti il supermercato, Dalinghi che con lo sguardo e una sigaretta in mano ispezionava il palazzo adiacente al supermercato. Alzò lo sguardo anche lei e, da una finestra del secondo piano, notò una ciocca di capelli biondi. Abbassò lo sguardo e vide Dalinghi correre dentro il supermercato. Era sicura: quella ciocca di capelli apparteneva al manichino.

Non ci pensò due volte, lasciò la cassa con una scusa e uscì nella nebbia. Il portone era aperto, entrò nella gabbia dell’ascensore , premette il pulsante dell’ultimo piano sperando di non restare imprigionata in quell’aggeggio cigolante e malsicuro. Sul pianerottolo non ebbe esitazioni, l’appartamento doveva essere quello con la porta socchiusa. Entrò come una furia pur non avendo la minima idea di cosa l’aspettasse. Si infilò dentro e fu presa dall’ angoscia alla vista di quelle stanze oscurate dalle persiane chiuse, dove l’ombra scura delle pareti penetrava dentro l’anima portandovi scie lumacose di tristezza, una bava vischiosa che faceva confluire i pensieri in un unico nodo doloroso che stringeva la gola.
Fu con quello stato d’animo che si diresse verso la stanza e li vide, uno sopra l’altro, abbracciati.
Doveva agire in fretta. Si inginocchiò, lo prese per le spalle e cominciò a scuoterlo, a pizzicarlo, a schiaffeggiarlo. Per un attimo pensò che fosse morto, poi lui si riscosse e si girò verso di lei. Era bellissimo, con quell’espressione trasognata e sorpresa, il suo corpo nudo le dette un capogiro. _Chi sei? _ Le chiese con un filo di voce. _ Chi sono? Sono una povera cretina che sta rischiando di perdere il posto di lavoro per salvarti dalla galera, ladruncolo pervertito che non sei altro!_ Così dicendo prese il manichino, la parrucca e li nascose nell’armadio. _E tu rivestiti, ma sei proprio fuori, lo sai che ti stanno cercando, ti hanno scoperto!_ Lui si sentì scosso come se una corrente da 10000 watt lo avesse infilzato e si alzò in piedi, si infilò i pantaloni, mentre la sua mente cominciava a riprendere il filo degli avvenimenti, a collegarsi con la realtà. _Non è come pensi! Non puoi capire, lei non è un manichino qualsiasi, io non sono un delinquente, né un pervertito! Vai via, me la saprò cavare da solo, non voglio che tu perda il lavoro per causa mia!:_ Così dicendo le si avvicinò, e fu in quel modo che Dalinghi li trovò, in piedi uno di fronte all’altra che si guardavano, muti.

“Cosa ci fai qui?” – disse Dalinghi a Francesca.
Francesca non rispose, non sapeva cosa dire.
“Ho detto cosa ci fai qui?”, Dalinghi si avvicinò ai due e camminando estrasse la pistola, questo fece raggelare Francesca che rimase immobile nella sua posizione.
Dalinghi, con la pistola in mano, continuava ad avvicinarsi lentamente ai due. Fu allora che rivolse la parola a quello strano uomo nudo: “Non voglio farvi niente. Dimmi solo dov’è il manichino!”
”Non c’è nessun manichino qui” – rispose con voce ferma…
Dalinghi lo spostò con una manata che lo fece cadere e si diresse in stanza da letto, cercò prima sotto le coperte, poi sotto il letto ed infine dentro l’armadio, dove trovò il manichino che quasi aveva un’aria triste. Non appena lo vide, prese dalla tasca il cellulare, aveva l’intenzione di chiamare i carabinieri.
Francesca vista la scena, rinsavì e chiese a Dalinghi cosa avesse intenzione di fare.
“Chiamo la polizia e faccio mettere dentro questo ladruncolo” e detto questo uscì il manichino dall’armadio e lo appoggiò alla finestra.
“Non puoi! E’ solo un povero disgraziato!”
“E’ un ladro e questo mi basta!”
Resosi conto dell’intenzione di Dalinghi, prese una decisione, non poteva vivere lontano dal suo angelo biondo, era sicuro che con lei sarebbe volato in cielo. Così con uno scatto felino si alzò, si diresse velocemente alla finestra, abbracciò il suo angelo e si gettò nel vuoto dall’ultimo piano.
Dalinghi bestemmiando, uscì velocemente dall’appartamento e scese gli scalini a quattro alla volta, non poteva permettere che un cadavere maciullato sostasse davanti al suo supermercato, ne andava della sicurezza del negozio!
Francesca dopo aver urlato, si affacciò alla finestra.
Dovette stropicciarsi gli occhi più di una volta. Che cavolo! Non poteva credere a ciò che vedeva, anzi non poteva credere a ciò che non vedeva, non poteva credere che in strada non ci fosse nessun corpo spappolato con accanto un manichino.

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